Son creatura di vento, ma il vento non lo amo.
Lo amo ancor meno quando porta la sabbia. Che son le volte che cammino a testa bassa e non guardo dove vado.
Ecco quel giorno era un giorno così.
Ops, mi scusi, non l’avevo vista… bofonchio a mezza voce al cappotto blu davanti a me.
Detesto finire addosso alla gente. Detesto scusarmi.
Alzo appena gli occhi.
Giulio! O Cristo, era una vita che non ci vedevamo, dov’eri finito?
– IO? Io son sempre stato qui… tu dove sei stata, piuttosto?
Io? In America. In Africa. A far carriera.
Già dove dono stata?
Che poi la storia è sempre quella: io non riesco a stare da nessuna parte.
Mi manca l’aria. Mi sento stretta. Sento presto il bisogno di rimetter la mia vita in una valigia.
Nemmeno qui, in questo spazio virtuale, son riuscita a stare, dopo un po’.
Che poi non è che non ci pensi. Mi mancano gli scambi con Penelope. Con Fabio. Con Alf. Con quell’aquila stordita.
Mi mancano.
Ma non abbastanza da aver voglia di passare e ripassare.
Di esserci davvero.
La solita anaffettiva del cazzo, dicevo.
– Oooooooooohhhhhhhhhhhhhhh c’è qualcuno in casa?
Scusami Giulio, è che i pensieri mi son volati via…
– Sempre così con te. Non son riuscito mai ad averti per più di 10 minuti, del resto. A voler essere ottimisti, dico.
Ma no, dai… non sono così tremenda…
Mi prende per un braccio e senza una parola mi tira fin dentro la bottega di un rigattiere, dall’altro lato della strada.
Senza darmi tempo di aprir bocca mi trascina davanti a un vecchio specchio dalla cornice dorata.
– Guardati. Guardati bene. E dimmi cosa vedi.
Ma non aspetta che io risponda.
Se ne va, chiudendosi piano la porta alle spalle.
Io quello specchio poi l’ho comprato.